giovedì 29 aprile 2021

Prima andava tutto così bene

 Le batoste della vita capitano sempre quando meno ce lo si aspetta. Mai come nel mio caso questa frase rispecchia la realtà.

Se ripenso a 13 mesi fa mi rendo conto la mia vita era perfetta. Non la perfezione da mulino bianco, quella irreale e irritante. La perfezione che ci può essere in una casa piena d'amore, con i normali problemi della vita, le normali preoccupazioni che a distanza di tempo, a volte, ci paiono pure un po' sciocche.

Ecco la mia vita era così. Ero serena, innamorata follemente della mia famiglia finalmente completa, progettavamo una crociera per i dieci anni di matrimonio, l'avevamo già prenotata e dovevamo partire esattamente un anno fa. Progettavamo vacanze per agosto... Finalmente avevo realizzato i miei sogni, mi sembrava quasi di non averne più.

Aurora è una bimba adorabile. Abbiamo passato il suo primo mese in simbiosi, io e lei. A pensarci mi si stringe il cuore in una morsa. Per lei esistivo solo io. Non potevo abbandonare la stanza in cui stava senza che se ne accorgesse e scoppiasse a piangere. Viveva perennemente attaccata a me, in fascia. La chiamano esogestazione, i 9 mesi fuori dal pancione.  Ammetto che in alcuni momenti mi sentivo quasi sopraffatta. Ma la gioia di poterla finalmente stringere, dopo 5 anni, non mi permetteva di vedere null'altro che lei. Finalmente potevo godere del suo odore, ammirare i suoi occhioni, accarezzare la sua pelle. Non c'era null'altro, null'altro aveva senso. Poi come un fiore si è aperta al mondo. E' diventata socievole ed estroversa, ha iniziato a parlare e non ha più smesso. Ha iniziato a muovere i suoi primi passi senza di me. Una bambina chiacchierona dagli occhi enormi e profondi, sveglia fin troppo, allegra, spensierata, vivace, così tanto simile a com'ero io alla sua età.

Quando credevo di avere avuto tanto, troppo dalla vita, e non pensavo di poter chiedere altro è arrivata Giada. La vita ci aveva stupito per la seconda volta, inaspettatamente. La mia piccola Giada con un carattere forte come una tigre. Fin da subito ci ha fatto capire di che pasta è fatta. Così diversa dalla sorella ma così simile. Anche con lei abbiamo passato mesi in fascia a coccolarci ma molto presto lei è partita a camminare come una saetta, voleva esplorare il mondo a modo suo. Curiosa, scrutatrice, lei sembra guardare nel profondo delle cose e delle persone. All'inizio quasi selvatica, stava lontano dalle persone, bastava che occhi sconosciuti la guardassero un po' di più perchè scoppiasse a piangere. Passa le ore a giocare da sola, indipendente e solitaria si inventa mondi sconosciuti e fantasiosi in cui si fionda a capofitto. Poi pian piano anche il mio secondo fiore si è aperto al mondo, ha preso fiducia in sè stessa e negli altri e ora attacca bottone con chiunque. Chiacchierona e pignola, seria e coccolona, se e con chi vuole.

La cosa più bella di tutto ciò è l'affiatamento che vedo tra le mie bimbe e che aumenta con la loro crescita. Le vedo ballare, cantare, ridere, giocare a mamma e figlia, disegnare, dormire sempre assieme, in simbiosi, e il mio cuore è colmo, colmo di loro.

Da quando sono arrivate loro nella nostra vita, è cambiato tutto. Dopo la nascita di Aurora ho lasciato il lavoro e sono diventata libera professionista. Non potevo sopportare di lasciarla al nido tante ore, dopo tutto ciò che avevamo passato volevo stare più tempo possibile accanto a lei. Ho provato senza troppe aspettative e invece il lavoro ha preso piede, i clienti sono aumentati, ed è andato tutto meglio di ogni previsione. Fare la mamma lavorando da casa non è tutto rose e fiori, non posso negarlo, e chi ha testato in questi mesi lo smart working penso possa darmi ragione. Io lo faccio da 5 anni. Non ho fatto quasi maternità dopo Giada, lavoravo con lei in fascia, non è stata una passeggiata. E anche questi mesi con il lockdown ho avuto serie difficoltà. Ma pian piano sono riuscita a far combaciare le cose.

E subito dopo aver saputo di aspettare Giada abbiamo cambiato casa. Avevamo messo in vendita da qualche mese il trilocale piccolino in cui vivevamo, con il desiderio di prendere una casa indipendente con tanto giardino. E assieme a Giada anche quel sogno si è esaudito. Abbiamo trovato la casa dei nostri sogni, enorme, da ristrutturare, con tantissimo spazio fuori per giardino e anche per un grande orto, tantissimo verde. Col pancione di 7 mesi abbiamo impacchettato tutte le nostre cose e abbiamo iniziato una nuova fase della nostra vita, sempre più grati alla vita.

Tutto andava bene, non potevo chiedere di più. Poi una terribile pandemia ci ha fatto visita, ha colto tutti inaspettatamente. Ma io continuavo a ripetermi: alla fine siamo fortunati, c'è chi sta peggio, siamo così fortunati. Con il nostro giardino le bambine non hanno patito eccessivamente il lockdown, pensavo con dolore a tutti i bimbi chiudi in appartamenti e palazzi senza aver possibilità di uscire. Io ho continuato a lavorare, mio marito ha fatto cassa integrazione, la crociera è saltata. Nonostante tutto però io mi continuavo a sentire fortunata. Non abbiamo perso nessuno dei nostri cari, siamo in salute. E forse la nostra fortuna in questi ultimi anni è stata troppo sfacciata e qualcuno ha deciso di pareggiare i conti. Forse la mia malattia è il mio prezzo da pagare. Un prezzo caro e salato...

venerdì 23 aprile 2021

Il giorno

Cosa passa nella testa di una persona a cui hanno appena diagnosticato il cancro? Domanda difficile. Ho ricordi molto nitidi di ogni cosa che ho detto e fatto in ogni istante di quel giorno, e credo che quel trauma me lo porterò per il resto della mia vita.

Ricordo il mio passo deciso nei corridoi dell'ospedale mentre mi avviavo all'uscita telefonando a mio marito, poche parole, non serviva altro tra noi:

- Mi ha già detto che è un tumore

- Claudia cerca di stare calma

- Ok

Ricordo lo sguardo smarrito di mia mamma mentre mi afflosciavo in macchina tra le sue braccia piangendo tutte le mie lacrime.

Ricordo la telefonata a mia sorella mentre lei cercava di fingere al telefono una voce calma e tranquilla

Ricordo il silenzio assordante di mio padre:

- Papa' mi ha già detto che è un tumore

- Ma vai a cagare

- Papa' non sto scherzando

SILENZIO

Ricordo le preghiere fatte a mia mamma nel tragitto a casa:

- Ti prego, se mi succede qualcosa, state vicino a Beppe e alle bambine. Lui non ammetterà mai di avere bisogno ma come può fare da solo. Promettimi di non abbandonarli

Ricordo il finto sorriso che mi sono messa in faccia prima di entrare a casa perchè mi aspettava Giada, appena tornata dall'asilo.

Ricordo ogni singolo messaggio mandato alle persone a me più vicine che aspettavano mie notizie.

Ricordo gli occhi di mio marito che evitavano il mio sguardo.

Ricordo il vuoto allo stomaco, il senso di smarrimento, la paura che attanaglia le viscere e la mia incapacità di piangere.

Ricordo il tempo passato a giocare con le mie bambine per non far capire loro quello che stava capitando.

Ricordo la paura di stare per morire.

Ricordo il terrore di non vedere le mie figlie crescere.

Ricordo anche se non vorrei più ricordare, ed ogni giorno lo rivivo come fosse successo ieri.

mercoledì 21 aprile 2021

La mia storia dolce-amara

Quanto tempo, quanto, quante cose sono accadute in questi anni. E oggi ho sentito il bisogno di riaprire queste pagine, rileggere la mia storia, con un groppo alla gola riaprire quel vaso di pandora che avevo richiuso senza però riuscire a dimenticare e a scrollarmi di dosso tutto il dolore che abbiamo affrontato.

Da dove partire... bè senza dubbio dalla mia piccola secondogenita, che ieri ha compiuto tre anni. Giada... un arcobaleno di solarità, chiacchierona come la sorella, generosa, sveglia, intelligentissima. Solo a parlarne gli occhi mi si riempiono di lacrime per quanto il mio cuore sia colmo delle mie bambine, la gioia della mia vita, la forza motrice che mi permette di andare avanti, sempre e comunque, nonostante tutto... nonostante tutto

Anche quando delle ombre scure hanno oscurato la mia vita, a novembre scorso. Delle ombre orrende, terribili, che al solo nominarle tremano le ginocchia, la gola si chiude, e la terra sotto i piedi inizia a tremare. Una sola parola che mai avrei immaginato di dover imparare a conoscere così bene, alla mia giovane età. 

CANCRO

Sì, proprio lui, mi ha chiusa in una morsa e si appropriato del mio futuro. Lo tiene in ostaggio tra le sue mani affilate, non lasciandomelo più vedere. Vivere giorno per giorno, una punizione, un dono.

Da dove iniziare... nemmeno lo so. Forse dal principio andrà bene.

A giugno scorso in pieno COVID, quando le nostre menti erano occupate e spaventate da questa pandemia e iniziavamo ad intravvedere la fine di un lungo lockdown che ha messo tutti a dura prova, 2 mesi dopo la fine dell'allattamento di Giada, ho trovato al seno sinistro dei piccoli noduli. Ho subito pensato ingenuamente a dei rimasugli di latte ma senza aspettare un secondo ho prenotato una visita senologica urgente, privata perchè con la pandemia i tempi del ssn erano molto lunghi. Meglio essere tranquilli. La dottoressa mi ha subito rassicurata, semplici cisti, niente di sospetto, controllo tra 6 mesi. E leggera come una piuma sono uscita dallo studio e non ci ho pensato più.

Finalmente assaporavamo la libertà, abbiamo portato le bimbe al mare, qualche gita, tanto giardino, poi l'inizio della scuola e del nido e qualche problema di salute della mia primogenita mi hanno assorbito completamente e non ho più pensato a quelle "cisti" che non mi hanno abbandonata mese dopo mese. D'altronde la dottoressa aveva escluso altro. Mi aveva anche detto che potevano aumentare di dimensione, per me era una parentesi chiusa.

A novembre però ho iniziato ad avere dei dubbi, quelle cisti parevano essere aumentate molto di dimensione e ne era comparsa una anche sotto l'ascella. Ho deciso di anticipare il controllo dei sei mesi, mio marito ha insistito perchè cambiassi medico. Quella dottoressa non lo convinceva, non gli piaceva che non mi avesse fatto due controlli in più.

Dopo una settimana, un mercoledì sera, mi reco in un nuovo centro privato da un altro senologo. Mi accoglie col sorriso e due battute, mentre io rigida e tremante sentivo che quella sera qualcosa sarebbe andata storta. Il mio sesto senso non sbaglia mai. Gli racconto dei noduli e della precedente visita, guarda il referto precedente, alza un sopracciglio e mi chiede perchè sono tornata a farmi visitare. Mi spoglio e appena inizia il controllo vedo che la sua espressione cambia: "questo non è un nodulo, è un linfonodo, rivestiti". Come, già fatto, tutto così semplice? 

"Ora ti spiego cosa faremo... voglio fare un ago aspirato per capire"

"Ah ok, i tempi di attesa sono lunghi? Per via del covid sa..."

"No non hai capito, tu domani mattina vieni nel mio ospedale, rintraccia il tuo medico e fatti fare un'impegnativa, io ti aspetto là"

"Ma... quindi non sono cisti"

"No, non sono cisti, la forma è a grappolo, dubito si tratti di cisti, ci vediamo domani"

Non c'è bisogno di dire in che stato sono tornata a casa quella sera. Non so come io abbia fatto a guidare. Seppure non mi avesse detto nulla di irreparabile il suo tono, il suo sguardo, la sua fretta, sono stati più che sufficienti a terrorizzarmi. Ho iniziato a pensare alla polizza sulla vita che dicevo sempre di voler fare e non ho mai fatto, che stupida sono stata, e ora potrò farla ancora se mi muovo sta sera stessa? No, non si può più, perchè se dovesse uscire qualcosa comunque non mi coprirebbe... ma non uscirà nulla vero? Sarà solo un brutto spavento. Figuriamoci se l'altra dottoressa può aver sbagliato così, lei mi ha fatto pure un eco, lui mi ha tastata 5 secondi. Mille pensieri vorticavano per la mente e non mi davo pace.

Mia mamma sentendomi così parte e decide di accompagnarmi: "fanculo il lockdown e le regioni chiuse, da sola non ci vai". Entro in sala d'aspetto, chissà se il dottore si ricorderà, non ho nemmeno l'appuntamento, mi dico, magari si è già dimenticato. Passa, mi guarda: lei... si si tra poco la chiamo e la buchiamo. Passa un'ora, un'ora e mezza, parlo con le altre pazienti, chiedo se loro hanno già fatto ago aspirato, se è doloroso. Mi tranquillizzano, "stai tranquilla, ci sono passata anche io, non sarà nulla", mi faccio forza. Resto per ultima, alla fine mi chiama. Il dottore ed un'altra dottoressa mi aspettano "lei è la paziente di cui ti ho parlato". La dottoressa mi richiede di nuovo tutto, mi chiede perchè sono tornata se si tratta di cisti, poi posiziona l'ecografo "e le ha detto che queste sono cisti" - silenzio. Lei e il medico iniziano a parlare tra loro, due noduli, qui ce n'è un altro nascosto, un linfonodo ascellare, anzi due, dovrà fare risonanza, prima mammografia... Io non capisco nulla, chiedo spiegazioni, è grave? "Stia tranquilla, dopo viene di là e le spiego tutto, ora faremo due buchi, uno qui e uno qua, questo che è più grosso". Si consultano ancora, le orecchie mi fischiano, non capisco più nulla.

"Ora si può rivestire, tra due settimane la richiamo con l'esito e le dirò il da farsi"

"Ma dottore..." E' già corso via

Mi vesto di fretta, lo inseguo in corridoio

"Dottore ha detto che mi avrebbe spiegato, devo fare qualcosa, devo essere operata?"

"Signora sicuramente qualcosa andrà fatto"

"Ma è grave?"

"E' sicuramente un tumore alla mammella, ma prima dell'intervento probabilmente dovremo fare delle cure. Ora non ci pensi, ci risentiamo tra due settimane, arrivederci"

"Non ci pensi, grazie al cazzo, non ci penso, arrivederci"